Denis:
Ho segnato il
29 Marzo nel mio calendario corse, come un appuntamento dal dentista.
La Treviso
Marathon è una manifestazione che mi affascina, e pensare di correrla non in
perfetta condizione fisica, ha reso angosciante l'attesa del fatidico giorno. A
poco sono servite le massacranti ripetute con i pelati Snu (Davide
Ferrari) e Rece (Paolo Franzoso). Durante le ultime settimane di
allenamento: il mio fisico ed in particolare le mie gambe, hanno sempre dato
segnali di stanchezza. Tutt’altro i miei compagni di corsa che, sempre più in
forma, hanno alimentato di conseguenza i miei dubbi sulla mia reale forma
fisica.
In pratica
dopo Reggio ho corso con gambe simili più a quelle di un tavolino che a quelle
di un felino. Niente da fare, il 29 marzo mi aspetta il trapano del dentista
...e non è nemmeno prevista l'anestesia locale.
Già
ad occhi aperti a causa delle raffiche di vento e pioggia che si abbattono sugli
scuri, il trillo della sveglia serve solo a ricordarmi, i 42 km e 195 metri che mi entrano,
facendo male, nella testa pur sapendo che li dovrò affrontare tutti per vincere
questa gara con me stesso.
Il sole primaverile che c'era stato fino alla settimana prima oggi latitava e mi stavo rassegnando a correre la mia ennesima maratona annacquata.
Sempre
indeciso a come vestirmi; dopo circa venti minuti di defilè, cambiamenti e
prove d’abito, finalmente mi sono deciso per il completino Mizuno giallo/nero.
Poi eseguo le stesse preparazioni di sempre: sistemo la borsa per la gara,
calzini maglietta, pantaloncini, biancheria pulita e pomate varie, mentre un SMS
di Rece mi avverte che è “l'ora x” dandomi quella punta di buon umore che
non guasta mai
Il sole primaverile che c'era stato fino alla settimana prima oggi latitava e mi stavo rassegnando a correre la mia ennesima maratona annacquata.
Anche
quest'anno, ci apprestiamo a vivere l'ennesima avventura che ha inizio in piena
notte quando 3 disperati maratoneti ed una fidanzata, si catapultano a Vittorio
Veneto per correre la 6^ Treviso Marathon, per provare ancora una volta
l'ebbrezza dei 42 km.
La fidanzata
di Rece è la paziente Lorenza, che oltre a portarci con la macchina a
pochi metri dal via, si incarica di fotografare i tre extraterrestri, di
aspettarci a Treviso e di sopportare tutte le nostre paturnie.
Arriviamo verso le sette a
Vittorio Veneto che, ancora sotto le coperte, ci accoglie girandosi dall'altra
parte.
Scendiamo
dalla macchina e subito siamo alla ricerca di un bagno. Nel solito bar tre
simpatiche ragazze che, “come i soldati al fronte preparano le munizioni”,
stanno accatastando le tazzine per il caffè, e aspettano il momento
dell'attacco.. Dopo che ci siamo cambiati, consegniamo le sacche, poi tutti
nella nostra gabbia blu.
La
Trevisomarathon doveva essere la maratona che fa primavera ! Eccola la
primavera, ho pensato la notte della vigilia, caratterizzata dal mal tempo che
stavolta non ha per niente scherzato ed ha messo insieme freddo, pioggia e
vento. Ha comunque coinvolto i tanti runners che già dalle prime ore del giorno
si sono fatti trovare pronti a Vittorio Veneto.
L’unica
grande preoccupazione notata nei volti di tutti era il meteo, si sperava che
potesse quanto meno migliorare un po' e che ad un certo punto si potesse correre
in una situazione più o meno normale...
Paolo:
3 mesi di preparazione,
iniziata con il solito spirito di allenamento per una 42 al di sotto delle 4
ore, ma con il passare delle settimane la serietà dei miei allenamenti e
dell’alimentazione, mi hanno portato a migliorarmi nelle prestazioni di training
fino ad arrivare al test di 30 km dove effettivamente ho tastato con mano la
netta evoluzione.
A tre giorni dallo start della
Treviso Marathon il mio peso era calato di 6 kg circa e il mio stato di
allenamento si poteva definire ottimo visti i miei standard podistici fino ad
ora conseguiti.
Con l’avvicinarsi del fatidico
29 marzo 2009, giorno in cui si correva la 6^ Maratona di Treviso, la mia
convinzione era sempre più nitida e la mia motivazione era sempre più
tangibile.
Sono ancora un novello delle
maratone, ne ho corse e terminate 3 finora ma l’emozione che mi ha dato
preparare quest’ultima di Treviso è stata tanto particolare che neanche alla mia
prima ero così teso ed emozionato nei giorni precedenti. La Morosa ha sopportato
questi miei assilli per tutta la preparazione ed è stata sempre accondiscendente
cercando di assecondarmi sulle mie vicissitudini podistiche e sui soliti
discorsi patetici e sicuramente per lei noiosi; è una virtù che non saprei come
ripagare.
Finalmente arriva il giorno
fatidico!!!! Già da qualche giorno il meteo prometteva maltempo, ma la speranza
bisbigliava “magari la mattinata è solo nuvolosa e non pioverà” anche se
comunque ero quasi convinto di correre la mia prima maratona sotto la pioggia.
Sveglia alle 5!!! Sbirciata
dalla finestra, piove.
Finalmente partiamo, sempre con
Lorenza al mio fianco e andiamo a prelevare gli amici che hanno condiviso le
uscite più lunghe e le gare più divertenti e che saranno protagonisti assieme a
me: Rich (Denis Laurenti) e Snuciti (Davide Ferrari).
La pioggia è veramente tanta ed
insistente e oramai c’è la certezza di correre sotto l’acqua.
L’emozione è tanta, entriamo
nelle gabbie di partenza coperti da tutoni bianchi modello RIS di Parma da
togliere un minuto prima dello start. Alla pioggia non penso neanche più,
“chissenefrega” .
Davide:
Alle 20.43
di sabato 28 Marzo 2009 dal mio cellulare partiva all’indirizzo dei miei
compagni di avventura il seguente messaggio : “ Signori, vorrei essere
confortato sul motivo per cui domattina dovrei alzarmi alle 4, farmi 100km di
macchina per poi mettermi a correre per 42 km sotto una pioggia che si
preannuncia ‘abbondante’ … ma chi me lo fa fare?”
Qualcuno di
loro mi ha suggerito di rimanere a casa, ma qualcun altro mi ha ricordato che
sono un runner e che questo è il destino che mi sono scelto quando ho lasciato
che il virus della corsa contagiasse la mia mente, il mio corpo, la mia
vita!
Alle 5 e
mezzo sono già in piedi. L’ansia non mi ha fatto dormire e nonostante sia la mia
undicesima maratona non mi sono ancora abituato alla tensione che mi assale
puntualmente prime di ogni gara.
La
formazione in campo è quella dell’ultimo test sui 30km fatto a Ferrara: io,
Paolo “rece” Franzoso e Denis “Zizza – Richard” Laurenti; ci accompagna con un
immenso sacrificio e grande segno d’amore, Lorenza, la fidanzata di Palo, che
oltre a portarci con la macchina a pochi metri dal via, si incarica del
reportage fotografico, di tornare a prenderci a Treviso e di sopportare le
nostre pesantissime e rituali conversazioni da podisti.
La partenza per l’avventura.
Denis:
Ore
9,30: siamo in
gabbia: 4000 bipedi seminudi incartati nel domopak sotto una bufera di vento e
pioggia, noi in tuta
bianca sembriamo i carabinieri
dei RIS di Parma .... quando
mai si ha l'occasione di vedere una bizzarria del genere.
Ore
9.45: si sente lo
sparo, lo speaker ci esalta. Si parte, ma qui, in coda al plotone, siamo ancora
fermi. Mi alzo sulle punte per guardare cosa succede davanti.
Vedo lo
striscione della partenza, sullo sfondo di un cielo di color grigio
scuro.
E’ il nostro
turno, foto di Lorenza e via ... corriamo le prime centinaia di metri, più che
correre mi sembra di scivolare via ...è l'effetto trainante dell’evento.
Il primo km è
piuttosto triste rispetto agli anni precedenti. Il poco pubblico presente sembra
avere la voce arrugginita dalla pioggia.
Snu ha le gambe
infuocate, io e Rece lo seguiamo rimproverandolo quando aumenta il passo.
Il ritmo tenuto nei primi km è leggermente più basso di quello prefissato
(4,45/4,50), ma non eccessivamente, la mia è solo paura, conoscendo la tattica
"suicida" con cui io e i miei due compagni corriamo le lunghe
distanze.
Comincio a
prendere il ritmo dal quarto km, quando ormai siamo fuori da Vittorio Veneto e
la strada si allarga. Salto il rifornimento del quinto km. Sto bene, la pioggia
mi mantiene in temperatura, non ho fame ne sete. Comincio a recuperare 5-10
secondi al km, anche se sento che non sarei in grado di aumentare ancora. Mi
impongo di bere al prossimo rifornimento, pur non avendo sete.
Si corre e si
procede regolarmente senza nessun disturbo. dopo aver percorso più di 10 km, mi
rendo conto che le gambe vanno. Miracolo ... evviva San Gennaro ...oops ...San
Tommaso. Una scarica di adrenalina mi spinge davanti a Snu chiamando i miei
tigrotti di Mompracem alla carica, all'arrembaggio di quel gruppetto di gambe
scalpitanti davanti a noi di una ventina di metri. Rece però mi riporta alla
realtà facendomi notare che il mio passo da papera è troppo veloce. Ubbidisco e
mi riporto mio malgrado in scia.
Paolo:
Pronti, partenza,
VIA!!!!
A passo lento cominciamo ad
avviarci per questa nuova impresa cercando di arrivare ad un passo stabilito
precedentemente di 4:55 al km.
10° km: siamo ancora assieme
tutti e tre, anzi troviamo anche un altro amico palesano UGO. Il passo è
perfetto come preventivato nei giorni prima. L’acqua scendeva e non accennava a
fermarsi ma sinceramente non dava fastidio, anzi creava un raffreddamento oltre
che fisico anche mentale aiutando a farci capire che forse a quei 3500 partenti
qualcosa mancava nel cervello. La prima frazione tutto sommato non si po’
certamente commentare anche perché tra una chiacchiera e l’altra 10 km sono
volati.
Davide
Alle 8 siamo
già pronti a partire, il rituale della vestizione questa volta è più complesso
del solito, consapevoli della pioggia che avremo trovato ognuno di noi ha
escogitato qualcosa per mantenersi caldo e asciutto nei momenti prima della
partenza.
Partiamo,
noncuranti della pioggia che già dopo il primo chilometro diventa un ricordo,
una specie di rumore di fondo al quale ci si abitua, ci si fa il callo, fino ad
ignorarlo. Il primo chilometro è lento ma già dal secondo mettiamo la marcia
giusta e fatichiamo a trattenere i cavalli. Mi sento debole, mi gira un po’ la
testa ma il movimento della corsa ormai viene automatico ed il cervello pensa a
tutto al di fuori di “come correre” . Il nastro, umido, d’asfalto scorre sotto i
piedi, i soliti giochi, le solite battute, il bello della corsa in compagnia,
tutto questo e non mi accorgo nemmeno che è già arrivato il decimo chilometro …
meno di 50 minuti … bravi, penso.
Finalmente la mezza maratona:
Denis:
I primi 21 km
con Rece sono stati una favola, sono arrivati in 1.44’, sotto i 5.00 al km, mi
sentivo bene, fresco e pieno di energie, ho pensato (ingenuamente, sig!) se
continuo così veramente chiudo sotto le 3.30.00, intanto lo Snu ci stacca e vola
davanti a noi.
Il passaggio
sul Piave, da sempre segna la svolta. Nonostante il brutto tempo c'è un po' di
pubblico. L'incitamento, la salitina iniziale e la discesa invitante dopo il
ponte di solito manda fuori giri un bel po' di gente, che dopo 20 Km abbastanza
piatti accelera un po' troppo, qualcuno già comincia a camminare o a rallentare
vistosamente. A questo punto la strada, ampia e diritta si fa noiosa, e dopo
l'euforia del Piave, arriva la depressione.
Il
vento ed i freddo iniziano a darmi le prime avvisaglie che i problemi peggiori
devono ancora arrivare e in modo molto repentino cala il mio ritmo.
Paolo:
20° Km: L’amico Snuciti era già
dato per perso dal 15° io e Denis dopo un piccolo pit stop corporale siamo
ripartiti mentre Snu si è fermato al ristoro per rifornirsi di cibo vista la
blanda colazione. Con Denis ripartiamo e ci diciamo che Snu non poteva essere
tanto indietro e che ci avrebbe raggiunti presto.
Davide:
Nonostante
la pausa pipì del 5 Km, arrivati al 15^ Denis e Paolo mi chiedono di rifermarsi
; io, che ho la sindrome del cammello e la pipì la faccio una volta sola, tiro
dritto pensando di farmi raggiungere al prossimo ristoro. Con rammarico noto
che i miei soci non si fanno più vedere e decido di proseguire da solo almeno
fino alla mezza maratona che puntualmente arriva dopo soli 103
minuti.
Sbattere contro “il muro”.
Denis:
25°
Km: viene meno
la freschezza muscolare iniziale, la fatica inizia a farsi sentire, il passo è
ancora in spinta ed i movimenti sono ancora ben coordinati, ho però la
sensazione di non avere più carburante "buono" nei miei sebatoi.
Attendo
con impazienza il momento della crisi. Più o meno al 26esimo mi accorgo di non
recuperare più i pacer delle 3.30. Mi sento molto stanco e la strada è ancora
tanto lunga.
Eccoci giunti
al mitico trentesimo, si aprono le porte dell’inferno, inizia la Via Crucis, si
entra nell’essenza della maratona, fin qui è stata abbastanza facile ma d’ora in
poi il gioco si fa più duro. Il 30°km è quello più lungo e non finisce mai,
quello delle decisioni e delle scelte giuste. I primi 30km si possono fare ma
adesso siamo davanti alla professoressa Maratona e vuole vedere se sei veramente
pronto per il grande salto. E questa volta non sono pronto! In realtà è il mio
fisico che mi chiede di fermarsi.
Al ristoro
Rece mi abbandona, sono in piena crisi, il vortice della maratona mi sta
risucchiando, la sensazione è quella di non avere più un briciolo di energia e
le gambe sembrano degli organi estranei al mio corpo, bisogna però considerare
che le stesse sofferenze assalgono anche altri atleti (qualcuno anche in modo
più acuto) e come le affrontano e le superano gli altri, lo devo fare anch’io
!
Non si può
mollare, bisogna convincersene, bisogna concentrarsi e cercare di mantenere il
passo, se tenti di divagare con la mente ti ritrovi a camminare senza rendertene
conto perché è questo che vuole il tuo fisico.
Dopo questi
bei discorsi, sto anche pensando di fermarmi al 35° ... che senso ha procedere
così sino alla fine, ma poi non sono nemmeno in classifica, penso. E poi, niente
medaglia da portare a mio figlio.
Al
37esimo
le gambe cominciano a cedere.
Paolo:
30° Km: poco prima della mezza
maratona perdo di vista Denis che mi dice vuole fermarsi a mangiare mentre io
con un fugace ristoro proseguo sempre con il mio passo vedendo Ugo ad una
cinquantina di metri che come un orologio svizzero prosegue a macinare
kilometri. Devo prenderlo. Dopo il 21° la mia testa comincia a pensare che
altrettanti chilometri sono tanti, duri e faticosi ed è da lì che comincia la
ns. piccola impresa. Per questo voglio raggiungere Ugo; sono solo, non ho
compagni con cui scambiare qualche parola per distrarre la mente, magari Ugo mi
potrà dare qualche consiglio o qualche parola di conforto vista la sua
esperienza di un quarto di secolo da podista. Finalmente subito dopo il ristoro
dei 25 lo aggancio, salutandolo e mi affianco a lui che mi chiede subito di
Denis e Snuciti. Dopo un paio di km fatti assieme, Ugo mi dice “Ragazzo va pure
avanti fa la tua gara”. Non so cosa mi sia scattato in testa a quel punto, forse
la convinzione di poter fare veramente il colpaccio (sempre a livello personale
s’intende). Non ho accelerato ma ho mantenuto sempre costante il passo che forse
stava un po’ calando per la fatica di portarsi dietro scarpe fradice per 30 km e
pioggia incessante.
40° Km: dopo il 30 la maratona
si fa dare del lei e la pioggia aumenta ancora d’intensità mettendoci in
ulteriore difficoltà. La mia mente sta calcolando tempi e strategie per poter
realizzare un personal best con i fiocchi. Mancano una decina di km all’arrivo.
Mi dico “non sono niente, quante volte fai 10 km in scioltezza senza problemi”
ma allo stesso tempo penso all’applicazione del principio di Pareto, nonché al
teorema del maratoneta e cioè "l'80% della fatica si fa nel 20% finale del
percorso ovvero quando arrivi al 34° km non sei a circa 8km dal traguardo ma hai
appena cominciato la Maratona". Per me la Maratona comincia al 21° ma questo
teorema posso dire che è sacrosanto. La testa direi che c’è ancora, vorrei
addirittura aumentare un po’ il passo per concludere in bellezza ma le gambe
fanno veramente fatica, il passo è sempre uguale ma mi sembra di avere un
rimorchio da trainare. Sono veramente stanco ma consapevole che sto facendo il
mio personal best e che personal best!!
Davide:
Ormai sono
rassegnato, questa maratona la correrò da solo con i miei pensieri, penso.
Mentre transito sul Piave e la fatica comincia a farsi sentire intravedo qualche
centinaio di metri avanti una insolita concentrazione di corridori … sono i
pacers delle 3.30! Sento una scarica di adrenalina nelle gambe, scalo la marcia
e li raggiungo. E’ la prima volta nella mia vita che corro con loro e una gioia
incontenibile mi pervade a tal punto che la mia gara poteva anche finire lì,
sarebbe bastato che uno di loro si fermasse e mi mettesse la MIA medaglia al
collo.
Non ho
molti ricordi dei 10 chilometri corsi con loro. Un ristoro veloce al trentesimo,
per non perdere il loro treno, compromette le mie già precarie condizioni
fisiche. Sento le loro urla di incitamento che scandiscono i kilometri: 31, 32 …
una barzelletta con la quale ridiamo in pochi, 33, 34 … il primo crampo al
polpaccio destro, 35 … mi devo fermare al ristoro e poco male se i palloncini se
ne andranno e dovrò rinunciare alla loro confortante sensazione di sicurezza a
protezione, non riuscirei a tenere quel ritmo per un altro metro. La pausa si fa
più lunga del previsto, tremo e non riesco ad aprire la bustina di sali tanto
che un po’ la bevo e un po’ la ingoio. Quando riprendo a correre inizia il mio
calvario, forse fermarmi non è stata una grande idea, adesso i crampi sono
fortissimi e ogni chilometro sembra moltiplicato per tre.
Il gran finale
Denis:
Corricchio
fino al Km 39, poi calo, ristoro del Km 40 calo ancora, Km
41 in centro Treviso, sanpietrini viscidi,
transenne che mi cadono addosso, vento e pioggia che taglia le gambe. Km
42, un’inferno ! C'è un tempaccio! Perfino le tribune sono
deserte.
Comunque sia,
la gioia di arrivare alla fine di una maratona é sempre grande e come sempre i
miei occhi iniziano a lacrimare...non c'é niente da
fare…
Taglio il
traguardo malamente, ma e’ finita ! Guardo il Garmin e penso che nonostante
tutto, il tempo è di poco sotto le 4 ore (3h56’) , ma ora questo e’ relativo.
Penso a casa, alla mia famiglia, al tempo rubato a loro e al desiderio di
ripagarli da subito, dedicando più tempo a mio figlio Pietro ed alla mia
paziente moglie. Un immenso grazie !!
Un grande applauso a tutti i maratoneti che ieri hanno finito la corsa nonostante la fatica, il freddo e la pioggia. Un grande ringraziamento alla gente lungo il percorso, ai volontari e non, che nonostante il tempo inclemente ci hanno aiutato lungo tutto il percorso.
Un grande applauso a tutti i maratoneti che ieri hanno finito la corsa nonostante la fatica, il freddo e la pioggia. Un grande ringraziamento alla gente lungo il percorso, ai volontari e non, che nonostante il tempo inclemente ci hanno aiutato lungo tutto il percorso.
Mi avvio
verso il ritiro borse, anche questa maratona è finita. Sento scorrere sul mio
corpo le gocce della pioggia che mi ha accompagnato per tutti i
42km.
Unico neo
nell’organizzazione, la indirizzerei alla logistica presso lo stadio di Treviso,
con i passaggi stretti e con le file che si sono create tra una zona dello
stadio all’altra ed un ristoro finale un po’ “misero”.
Gli
spogliatoi maschili avevano l'aspetto da Lager. Per metà erano sotto acqua, per
l'altra metà erano sovraffollati, decido
quindi di cambiarmi nella tenda adibita ai massaggi, trovo il mio
mezzo metro quadro in una pozzanghera con del ghiaino che permette di restare a
galla. Lo dichiaro territorio di mia esclusiva proprietà gettando il foglio di
nylon col quale mi sono coperto all'arrivo.
Paolo:
42° km: Entriamo a Treviso per
la parte nel centro storico, al ristoro non mi fermo altrimenti non sarei mai
più ripartito, un altro partecipante superandomi mi batte sulla spalla e mi dice
“dai andiamo non mollare” ma io non sto mollando, sono costante. Lo so che fare
gli ultimi due in progressione è meraviglioso ma non ci riuscivo … forse si, le
ultime forze ci sono … noooo, una salita di un centinaio di metri sul ciottolato
in pieno centro di Treviso … mi spacca le gambe ma tengo il ritmo ... al 41° km
vedo un pazzo che parla ed impreca da solo disperato “ma è Snuciti!!”, ma allora
era davanti e non lo sapevo. Provo ad urlargli qualcosa che in realtà era anche
un incitamento ed uno sfogo per me, lo supero e riesco a fare l’ultimo km più
veloce degli ultimi 18. Se mi fossi fermato per fare l’ultimo kilometro assieme,
probabilmente non sarei più ripartito e sarei ancora a Treviso alla fine di quel
vicolo infinito.
Rettilineo finale, sprint della
disperazione e gli ultimi 100 metri comincio ad esultare come Tardelli dopo il
gol alla Germania nel 1982. Lorenza è lì su quel rettilineo assieme a mio nipote
Luca, fradici pure loro, li vedo con la coda dell’occhio ma non so se riesco a
girarmi per salutarli, sono irrigidito dall’emozione e dalla fatica, taglio il
traguardo in 3h32’10”. Immediatamente scoppio in un pianto di sfogo e gioia. E’
la soddisfazione di aver portato a termine questa 42 con un tempo del tutto
avverso e con il cronometro appena sopra le tre ore e mezza.
Mi giro vedo che è arrivato
Snuciti gli vado incontro consapevole anche del suo personal best e lo abbraccio
stringendolo con le ultime forze rimaste.
Sono a pezzi, la pioggia
continua a scendere incessantemente e faccio fatica a muovermi, mi viene ancora
da piangere e lo faccio, fiero e contento nonostante qualcuno lì fuori possa
considerarmi fuori di testa.
Ora il freddo mi sta prendendo
dappertutto e sto battendo i denti. Mi sento veramente quasi morire, il ristoro
finale quasi non lo facciamo tanto era il freddo e la voglia di mettermi
qualcosa di asciutto addosso.
Denis e Ugo concluderanno poco
più tardi la loro gara portando a casa sempre un lodevole risultato sotto le 4
ore, che in quelle condizioni è sicuramente un risultato da
incorniciare.
Davide:
Ecco il 40
la mia testa mi dice che è finita, medito seriamente di fare gli ultimi due
chilometri camminando perché ad ogni passo sento un morso alle gambe. Una
ragazza, che avevo superato qualche chilometro prima, mi vede fermo ad imprecare
contro i miei polpacci come un pazzo visionario dopo una dose di chissà quale
stupefacente, mi prende sottobraccio e mi accompagna per qualche decina di
metri, troppo male, urlo e le chiedo di lasciarmi, di continuare la sua corsa
per me è finita non ne ho più. 41esimo! Sento le urla di incitamento del
pubblico sotto i portici, “grazie, grazie signora … ma non ce la faccio proprio
ho i crampi!”, sento un urlo dietro di me: -“Dai Snuuuuuu ‘ndemo!”. E’ Paolo,
sembra fresco, sicuramente più pimpante di me, provo a seguirlo ma la caccia
dura meno di 10 metri.
Il traguardo
è alla fine del rettilineo, non ho nemmeno il coraggio di cercare Lorenza che
dovrebbe essere li per fotografarci, foglio solo arrivare, voglio porre fine a
questa agonia. In quei 100 metri finali mi hanno superato in tantissimi, a me
sembravano un milione tutti in progressione e tutti felici … ancora qualche
metro e STOP, l’indice della mano destra preme il fatidico pulsante su
forerunner , leggo 3 ore 33 minuti e 32 secondi … è record!
Cerco Paolo
voglio complimentarmi con lui, ci troviamo dopo qualche secondo e non ci
scambiamo neanche una parola solo un lungo,forte e liberatorio abbraccio. Gli
chiedo di Denis mi risponde dicendo che si sono lasciati al ventesimo
chilometro e che non sa cosa sia successo; meglio muoversi piove forte e noi
doloranti e gelati ci mettiamo alla vana ricerca di un posto asciutto per
cambiarci.
Grazie a …
Denis:
Ah
dimenticavo, i miei
“Bravi” compagni Snu (PB 3h.33’) e Rece (PB 3h.32’) già sdraiati su due
comodi lettini si stanno lasciando piallare…oops…massaggiare le
gambe più attratti
dalla bellezza della massaggiatrice, che da una reale necessità,
credo!!
Alla
prossima…Forse !!
Paolo:
La soddisfazione e le emozioni
avute in quella splendida giornata difficilmente saranno dimenticate. Grazie a
me stesso ma soprattutto grazie a Lorenza che è sempre pronta ad accompagnarmi e
supportarmi e subire i soliti discorsi podistici pur di vedermi felice. Dedico a
lei questa mia personalissima vittoria. Ti amo.
Davide:
Risparmio ai
lettori l’agonia che è seguita, cito come di dovere i volontari che sono rimasti
per ore sotto la pioggia qualcuno nell’inutile (oggi) compito di presidiare gli
spugnaggi, grazie ai coraggiosi tifosi che nonostante le avversità climatiche ci
hanno applaudito chiamandoci “eroi”ed infine un grazie agli amici Denis e Paolo
che spesso mi accompagnano rendendo indimenticabili anche giornate come questa!